Si dice che per poter raccontare una storia bisogna aver viaggiato molto, riempiendo i sensi di tutti gli stimoli che il mondo offre a colui che lo attraversa. Lo fanno continuamente gli artisti, pittori, scrittori musicisti e attori, portando nella propria arte gli incontri fatti lungo il cammino. C’è un viaggio, però, di cui si parla poco ed è quello dentro di noi. Tale esplorazione non ha nulla a che vedere con qualcosa di psicologico, è lontana dall’auto-analisi o dalla terapia. Essa è in realtà il vero viaggio nella propria consapevolezza creativa.
Nella grande rivoluzione dei primi anni del 1900, in cui l’essere umano si accingeva a diventare il fulcro di una ricerca imponente, il perno di un nuovo umanesimo, il teatro pedagogico ha esplorato il “dentro” dell’attore in un modo mai fatto prima.
Fu proprio nell’Ecole du Viex Colombier, una scuola di teatro aperta da poco a Parigi, che in un pomeriggio del 1920 J. Copeau introdusse uno strumento, ancora oggi utilizzato nell’Educazione alla Teatralità: la maschera neutra.
Essa non è la rappresentazione di un personaggio, un tipo, né una decorazione. Semplicemente è una maschera, costituita da un volto neutro, che inizialmente fu una calza da infilare. La sua funzione: nascondere il viso dell’attore per spingerlo ad utilizzare il proprio corpo oltre i limiti del realismo e dello stereotipo.
Per superare tali limiti, è necessario partire per un viaggio verso due mondi distinti ma interconnessi tra loro: quello interiore e quello esteriore.
Nel primo, la maschera neutra, come scrive De Marinis, “aiuta l’allievo nell’addestramento a quella condizione indispensabile, secondo Copeau, per la creazione scenica che è la sincerità” verso le proprie emozioni, sostenendolo nel conoscerle, per potere poi esprimerle. Affondando nel gioco del gesto e del movimento l’allievo, vivendo il silenzio, la lentezza e la precisione, conosce il proprio corpo, come mezzo potente per l’espressione del mondo interiore. La maschera dunque è una porta che mette in comunicazione il dentro con il fuori: spaventa o incuriosisce ed una volta varcata, apre ad un percorso inaspettato e nuovo.
Questo accade perché “sotto una maschera neutra il volto dell’attore scompare e si percepisce molto più chiaramente il corpo. Si parla generalmente a qualcuno guardandolo in viso: con la maschera neutra è l’intero corpo dell’attore che viene guardato. Lo sguardo è la maschera e la faccia è tutto il corpo” (J.Lecoq)-
Se questo è vero per ciò che accade durante il viaggio nel mondo interiore, qualcosa di diverso avviene verso il mondo esteriore. Se nel primo percezione, sensazione e ascolto del corpo sono gli strumenti principali, nel secondo si attivano osservazione, identificazione e trasposizione della realtà. Grazie a queste azioni l’allievo si approccia a questa guardandola e traendo da essa ispirazione creativa. La maschera fungerà da camuffamento creativo, attraverso la quale diventare qualcos’altro, raggiungere l’altrove.
Per arrivarci l’allievo partirà dall’osservazione degli elementi naturali, quali l’aria, la terra, il fuoco, l’acqua, identificandosi con essi attraverso il gioco del mimodramma e trasformando il proprio corpo. In questo continuo passaggio tra osservazione e sperimentazione (binomio fondamento di ogni ricerca artistica) le potenzialità creative di ogni allievo si svilupperanno continuamente, tenendolo lontano dalla copia e dallo stereotipo. Osservandolo con sincerità, egli troverà nel mondo che lo circonda lo strumento per creare il proprio teatro, per lasciarlo emergere dal silenzio, sentendosi libero da qualsiasi pregiudizio o stereotipo. Non si tratterà di imitazione o copia bensì di lasciare che il mondo interiore entri in contatto con quello esteriore, all’allievo di raggiungere la consapevolezza del proprio corpo e della propria creatività.