Il teatro è educazione ai linguaggi

Ogni contesto educativo è un ambiente in continua evoluzione, contraddistinto da un insieme di stimoli sempre nuovi e da una spiccata multimedialità, intesa come l’incontro e la contaminazione di linguaggi differenti. Là si intrecciano il linguaggio degli allievi, quello dell’educatore, dell’ambiente in cui loro si trovano e quello degli strumenti che vengono utilizzati. 

Lo stesso possiamo dire del teatro che, svolto in una dimensione laboratoriale e quindi pedagogico-educativa, è ricco di linguaggi da conoscere ed esplorare. Educare al teatro dunque è educarsi alla conoscenza dei linguaggi di cui il teatro è composto, e di cui ogni giorno, grazie alla ricerca contemporanea, si arricchisce.

Educarsi al teatro per educare attraverso il teatro. 

Ad esempio uno dei linguaggi che il teatro propone è quello dell’ascolto, un vero e proprio ingaggio tra spettatore e attore: il primo si siede e accetta di rimanere in silenzio ad ascoltare ciò che il secondo ha da dire. È un patto silenzioso, un tacito accordo che mette in evidenza il messaggio che passa dall’uno all’altro. L’ascolto adeguato è quello sincero, senza aspettative o pregiudizi. Sedersi e accogliere, vivere il presente senza portare nulla con sé. Usando le parole del pedagogista Dewey diremmo è una “esperienza sperimentata (averla e conoscere per averla).

A teatro si apprende il silenzio, non solo come attesa, ma come parte di un messaggio che nasce dal silenzio e finisce in esso. Questo silenzio esiste solo grazie all’ascolto: il teatro come luogo dell’ascolto e non del semplice “sentire”. 

Se parliamo di sentire, allora, può venirci in mente il linguaggio non verbale, dove il corpo è la sede in cui percepiamo ciò che ci accade. Muoversi in uno spazio, decidere quali movimenti fare, crearne di nuovi e sentire l’effetto che ci fa è un’educazione alla consapevolezza di noi stessi, raggiunta giocando, improvvisando, magari su testi o musiche. 

Di nuovo, dunque, possiamo affermarlo: educare al teatro è educare ai linguaggi, aprendo la strada ad esperienze. Per questo l’Educatore alla Teatralità sperimenta su di sé per poi guidare, educando ai linguaggi dello spazio, della luce, del suono, della voce, delle parole, delle emozioni.  Studiando l’evoluzione di questi elementi, siamo in grado di tracciare nuove strade da percorrere nel teatro.

Esso nella storia ha sempre mostrato di essere in grado di giocare con i propri linguaggi, prestando attenzione al pubblico ad esempio, all’ambiente circostante e ai temi trattati. Ogni epoca ha evidenziato nel teatro una multimedialità: basti pensare, ad esempio, al teatro nel Medioevo, dove lo spazio performativo era la città ed essa mutava una volta terminato l’evento teatrale. Addirittura le persone non erano più le stesse dopo l’evento teatrale, completamente travolte dal “qui e ora”.

Oggi si parla sempre di più di aspetto performativo del teatro, come evento produttore di sensi, direttamente collegato al concetto estetico (estotologico) dell’arte. È questo uno dei compiti del teatro oggi? Utilizzare i linguaggi per suscitare sensazioni e stimolare riflessioni sulla contemporaneità? Io credo di . E il teatro può farlo tanto nell’esibizione quanto nell’esperienza laboratoriale, purché questa sia strutturata come viaggio di continua scoperta, senza pregiudizi ed aspettative.  

In questo modo l’educazione è una relazione multidirezionale in cui la forma appropriata è quella di Educarsi al teatro. Un po’ come facevano i Greci che, recandosi in quello spazio chiamato  “théatron” (luogo adibito allo sguardo) osservando la scena, si osservavano nel loro cambiare come individui e come società.

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